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per comporre questa pagina viene normalmente utilizzato il div unico anche se può essere utilizzato anche il div unicobaseSTORIE DEL BOSCO VECCHIO
Era una giornata fresca di nuova primavera dopo un lungo e gelido inverno. Io, Daniel, e Edward, mio fratello, eravamo in vacanza da nostra nonna ai margini del Bosco Vecchio. Era impossibile resistere ad una tentazione di nuova avventura, quindi ci inoltrammo nel bosco. Fu in quel momento che ci accorgemmo com’ era bello il bosco. Le folte chiome degli alberi inglobavano e oscuravano il luogo. L’ umidità impregnava l’ aria e si sentiva un lieve odore di pino che persuadeva l’ anima. I colori dominanti erano il verde delle aghifoglie, l’arancione delle foglie morte sul terriccio e il marrone variabile dei tronchi. Sembrava di essere entrati in un dipinto.
Ad un certo punto ci accorgemmo che era calato il sole e cominciammo a dirigerci verso casa, quando scoprimmo
che avevamo perso il sentiero.
Eravamo senza speranza e sapevamo che in quel bosco tutto uguale era impossibile ritrovare la strada di casa.
Tutto era nero intorno a noi e nella cupa notte ci sentivamo impauriti e smarriti. Qua e là si sentivano degli
ululati sinistri dei lupi che ci facevano venire i brividi. Il bosco sembrava essersi ritirato e tutto sembrava
essere confinato dall’oscurità; sembrava come se gli alberi volessero mostrarci la strada di casa, ma noi non
lo capivamo. Decidemmo di accamparci su una collina confinata dagli alberi e ci addormentammo con mille pensieri
per la mente. La mattina seguente quando ci svegliammo vedevamo il cielo che si muoveva sopra di noi.
Ci girammo per vedere cosa stava succedendo ma cademmo a terra senza accorgercene.Quando alzammo lo sguardo vedemmo un enorme
polverone prodotto da piccoli piedini come i nostri. Sembravano come quei folletti che trovavamo nei libri
di fantasia. Le loro faccine erano molto delineate e avevano un naso a patata su quelle teste di color verde.
I corpetti saltellanti passeggiavano lungo quel sentiero, quando si fermarono e si girarono, vedendoci a terra.
Ci raggiunsero e ci alzarono tutti insieme. Ricominciammo a vedere il cielo muoversi davanti ai nostri occhi,
ma ad un certo punto al posto di vedere l’azzurro dell’atmosfera e il bianco delle nuvole capimmo che eravamo
entrati in una grotta illuminata da un enorme falò e da tante lanterne lungo i corridoi costruiti che si
intravedevano sul fondo della caverna.
Scendemmo dai teli e questi esseri strani ci portarono in una stanza con
le pareti colorate e cominciarono a raccontarci cosa era successo a nostra nonna: mentre stavano celebrando un
rito a loro noto avevano visto una nuvola di fumo provenire dai margini del bosco. Si diressero subito verso
quel posto e videro una casa in fiamme, intorno alla quale svolazzavano delle ombre. Ci dissero anche che avevano
visto due ombre che stavano trascinando una donna incatenata, che era nostra nonna, e appena i geni tentarono di
salvarla vennero scaraventati via da una fortissima folata di vento. Da quel momento non poterono più raccontarci
niente, perché l’unica cosa che si ricordavano era un enorme nuvola che li travolse. Dopo quell’evento si
ritrovarono nelle loro case. Quando cominciarono a spiegarci chi era stato la causa di quella folata
nella caverna entro dell’aria gelida che spense il falò e anche tutte le lanterne.
Si sentirono tante grida da
ogni lato della stanza e tutti insieme ci dirigemmo verso l’uscita insieme ai geni, dove c’erano le provviste di
legna, che però erano sparite. Nell’aria si sentì una voce cupa che ci fece venire mille brividi.
Un’altra folata di vento ci fece cadere a terra. Sentimmo di nuovo una voce che ci parlò: «Voi non appartenete
al destino del Bosco Vecchio. Dovete andarvene, se non volete essere distrutti insieme ai vostri nuovi amichetti.
Io sono il vento Matteo e sono stato io, insieme alle ombre delle Montagne del Terrore, a far volare via i geni
del bosco e sono stato io a rapire vostra nonna. Vi ripeto, è meglio se ve ne andiate» «Non prima di aver salvato
nostra nonna» dissi io, coraggiosamente. Edward intanto stava accendendo un altro falò e quando apparve la fiamma
il vento Matteo cominciò a scappare debolmente perché il fuoco stava bruciando l’aria di cui era fatto.
I geni ci offrirono un pasto veloce e subito dopo, tutti raffreddati, andammo a dormire nelle camere che ci
offrirono. Il giorno dopo ci alzammo e consumammo velocemente un po’ del loro pane, che a me piaceva moltissimo,
sul quale era spalmata della marmellata con una ricetta segreta dei geni.